Perché mio figlio ancora non parla?

12 Marzo 2020 by Manuela Ciuffa
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Questa la domanda che si pongono molte mamme preoccupate, dal momento in cui il loro bambino quando vuole si fa capire, sembra sveglio e ha l’aria di chi comprende tutto (o comunque quasi tutto) quel che gli si dice, ma non parla o parla poco… 

Con buona probabilità siamo di fronte ad un late talker, cioè un “parlatore tardivo”.

Tecnicamente è un bambino che sviluppa competenze linguistiche a 24-36 mesi, età in cui la maggior parte dei bimbi usa già il linguaggio per comunicare e costruire conoscenze sul mondo.

Anche se effettivamente lo sviluppo del linguaggio è caratterizzato da una grande variabilità interindividuale, dovuta tanto alla costituzione biologica del soggetto, quanto a fattori ambientali (stimolazione famigliare, presenza di fratelli e/o sorelle, inserimento precoce a scuola etc…), sono sempre di più i bambini che sono indietro rispetto alle normali tappe di sviluppo (per citarne alcune: le prime paroline intorno ai 12 mesi, la successiva esplosione del vocabolario tra i 18 e i 20 mesi…)

Questi bambini in ritardo non necessariamente svilupperanno un vero e proprio disturbo di linguaggio (dsl), anzi le statistiche sono rincuoranti: solo il 13-20% a 24 mesi è un late talker, e solo il 3-5% evolve in dsl a 36 mesi (età che fa da spartiacque tra un semplice ritardo e la possibilità di diagnosticare un vero e proprio disturbo del linguaggio). Esiste infatti la probabilità che vostro figlio recuperi in circa un anno il divario rispetto ad un fisiologico sviluppo del linguaggio (in questo caso parliamo di late bloomer). 

Per quanto riguarda questa possibilità di recupero, i fattori in gioco sono svariati. Molto dipende dallo sviluppo fonologico, cioè da come si evolve la capacità del bambino di discriminare e produrre suoni, letterine per intenderci, che verranno messi poi in sequenza per formare parole ed in seguito frasi. Inoltre sono coinvolte le abilità di gioco, in particolare il gioco simbolico, cioè il “far finta” e le abilità fini-motorie (delle dita delle mani) e gestuali. 

Quando preoccuparsi?

Però se il vostro bambino a 24 mesi ha un vocabolario composto da meno di 10 parole e a 30 mesi la produzione di parole non ha superato le 50 unità e non è ancora comparsa la capacità combinatoria (cioè la capacità di mettere insieme due o più vacaboli per formare piccole frasi, come ad esempio “voglio pappa”), è allora decisamente il caso di rivolgersi ad uno specialista (Neuropsichiatra infantile, Logopedista) per un consulto. 

Verrà eseguita una valutazione completa, che comprende inizialmente una raccolta anamnestica, cioè un colloquio con i genitori in cui si ripercorrono le tappe dello sviluppo del bambino alla ricerca di fattori di rischio e indici che possano poi orientare meglio la seconda parte della valutazione, cioè test da fare direttamente col bambino. Tali prove indagheranno le abilità comunicativo/linguistiche, di gioco, grafiche e prassiche e potranno includere un’osservazione del distretto oro-facciale o quanto altro possa essere utile per delineare un profilo di sviluppo e decidere se è il caso di intraprendere un iter terapeutico o se si può aspettare, dando in questo caso consigli ai genitori su come stimolare al meglio il bambino, affinché sviluppi il linguaggio e le altre abilità che ne sono precursori. 

Fondamentale affermare che avviare per tempo un trattamento migliora gli esiti finali, quindi non sempre è bene dare ascolto a consigli quali “aspetta che poi parlerà”. Inoltre esiste una forte correlazione tra dsl e dsa (disturbi specifici dell’apprendimento: dislessia, disortografia, discalculia e disgrafia), vale quindi a dire ricadute sulle future competenze di letto-scrittura e calcolo. Arrivare a scuola avendo trattato problematiche sul versante del linguaggio, significa quindi prevenire eventuali difficoltà negli apprendimenti accademici. 


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